Monkey Island Site : La Saga : La Storia di Monkey Island
 
 


Ayò Pirati!
Un tempo il pronunciare le parole "Monkey Island" sarebbe stato sufficinete per delineare i contorni della più amata saga videoludica di sempre. Ma, purtroppo, il tempo è passato e per tenere vivo il ricordo è necessario sprecare qualche parola in più per itrodurre il visitatore di questo sito in un mondo pieno di magia e fascino, legato ad un gioco per computer il cui primo episodio risale all'ormai lontano 1990.
Ed ecco, allora, un po' di storia.
Con il nome generico di "Monkey Island" ci si riferisce alla ben nota serie di avventure grafiche prodotta dalla LucasArts e ideata da Ron Gilbert con l'apporto rilevante di Michael Land nelle musiche e Steve Purcell nella grafica.
La serie conta quattro capitoli: Il Segreto di Monkey Island, Monkey Island II: La vendetta di LeChuck, La maledizione di Monkey Island ed Fuga da Monkey Island. Gli ultimi due episodi, tuttavia, non riportano tra i crediti l'ideatore Ron Gilbert e per questo motivo, secondo alcuni, il secondo episodio andrebbe considerato come termine non ufficiale della saga. In effetti dal punto di vista dello stile, della continuità e perfino di epoca (il terzo capitolo è stato sviluppato a ben 6 anni di distanza dal secondo) non è errato considerare i giochi Il Segreto di Monkey Island e Monkey Island II: La vendetta di LeChuck, come un'opera unica, ben definita e a sé stante. Questi primi due giochi videro la luce su sistemi Amiga, IBM compatibili e Apple Macintosh. Tenendo anche in considerazione le rispettive epoche di uscita, i più considerano Monkey Island II come il gioco meglio riuscito della serie.
La serie, come detto, nacque nei primi anni Novanta, quando il genere dell'avventura grafica conobbe un grosso successo tra il pubblico dei videogiocatori. La comoda interfaccia che esse utilizzavano permetteva un pieno controllo grazie all'utilizzo del solo mouse: con esso il giocatore poteva esplorare ambienti ricchi e colorati, interagire con vari oggetti e perfino con altri personaggi, scegliendo cosa dire tramite un clic. Il software che permetteva tutto questo era una famosa creazione della LucasArts, il sistema di sviluppo SCUMM, ideato e già implementato da Ron Gilbert in avventure precedenti quali Maniac Mansion e Zak McKracken and the Alien Mindbenders, qui utilizzato, in varie e migliorate versioni, fino al terzo capitolo. Il lato artistico, curato da Steve Purcell, faceva già intravedere nelle deformazioni ambientali quelle caricature che in future avventure saranno anche riferite ai personaggi, mantenendo però ancora uno stile fortemente realistico.
Un punto centrale nello sviluppo della serie è (come riportato dalla stessa LucasArts) l'idea che un'avventura grafica è un gioco, dunque che essa non debba alimentare frustrazioni. Durante le varie peregrinazioni, il protagonista non rischia mai di morire e nessun giocatore è costretto a ricominciare da capo per aver fatto (o non aver fatto) qualcosa. Particolare cura è stata posta anche nell'evitare situazioni di stallo, nelle quali il giocatore si ritrovi impossibilitato a fare/raccogliere qualcosa perché in precedenza non ha fatto/raccolto qualcos'altro. Tutta questa attenzione è mirata a rendere l'esperienza videoludica piacevole e rilassante e, contribuendo all'immedesimazione, lascia all'utente l'unica preoccupazione di risolvere gli enigmi utilizzando tutti gli indizi sparsi nelle innumerevoli locations.
Nonostante ogni avventura di Monkey Island sia suddivisa in capitoli, è possibile riconoscere alcune somiglianze nello svolgersi dei diversi episodi, somiglianze che riconducono ad un'unica struttura narrativa: antefatto, preparazione, viaggio, risoluzione. È con questo espediente che ogni nuova avventura risulta immediatamente familiare al giocatore e, sebbene sussistano leggere differenze nell'interfaccia di gioco, questi comincia rapidamente a muoversi con disinvoltura all'interno di una trama che, anche se ignota, non disorienta.
Contro ogni previsione, e nonostante gli sforzi profusi nella produzione del gioco, proprio Fuga da Monkey Island ha suscitato molte polemiche, soprattutto negli ammiratori di vecchia data che, preso atto degli innegabili pregi del prodotto, hanno lamentato carenze sotto molti punti di vista, tanto che una parte di essi non lo considera neanche degno del titolo di sequel. Le motivazioni addotte sono molteplici, ma partono dall'assunto di un software ben fatto: la grafica del nuovo motore GrimE è leggera e fluida, i fondali sono splendidi e curati anche se privi del dettaglio raggiunto nel periodo del 2D. Il sonoro è indubbiamente la sezione che merita il voto migliore: la compressione Mp3, utilizzata per le musiche e per il parlato, permette di godere di un audio di qualità CD, tra l'altro sapientemente mixato durante i cambi di scena (si notino i sottofondi sonori ovattati appena fuori dagli ambienti chiusi).
Le critiche nascono dall'analisi delle soluzioni tecniche e del soggetto. La comunità dei videogiocatori ha mal digerito l'abbandono del mouse, che sottintende la morte del punta-e-clicca, e il dover pilotare Guybrush dalla tastiera lo ha reso più simile ad Edward Carnby di Alone in the Dark. Senza contare che l'adozione della grafica poligonale ha di colpo azzerato l'espressività dei personaggi, aspetto per cui l'episodio precedente rappresenta invece un apice per dettaglio e intensità.
Altro punto controverso è stato l'inserimento di sequenze arcade nel corso dell'avventura, il tecnologico "Monkey Kombat" che, lungi dal divertire come parodia, richiede invece ore di apprendimento: si noti che questo tipo di inserto arcade è già presente in altre avventure grafiche di successo (in Sam & Max Hit the Road o Indiana Jones e il destino di Atlantide) ma raramente come ostacolo da superare per far proseguire la storia, e mai così impegnativo. L'aspetto che, secondo molti affezionati, latita è costituito dai tanto decantati duelli d'insulti, vero e proprio elemento distintivo della saga, aspetto irresistibile, esilarante ed innovativo presente nel primo e nel terzo episodio e qui presente in maniera marginale (ed il sospetto che il Monkey Kombat sia stato inventato per sostituirli non ha giovato all'immagine del gioco). Altra assenza si rileva nella trama: troppo spesso si ha l'impressione che il gioco vada avanti per mini-enigmi, senza un progetto generale ma con pretesti riempitivi, e la comparsa costante di vecchi personaggi a popolare le isole, in un tacito auto-incensare i vecchi tempi, non fa che confermare la sensazione di una grave carenza creativa.
Il vero filo conduttore della saga è certamente l'umorismo (abbondante, a volte demenziale), ed ogni episodio ne è pervaso dall'inizio all'happy end. I programmatori hanno volutamente nascosto delle vere e proprie chicche all'interno dei giochi (Eastr Eggs), anche numerose, che li rendono davvero dei gioielli dell'(auto)ironia: si tratta spesso di riferimenti più o meno evidenti ad altre creazioni della stessa LucasArts (si notino le frequenti apparizioni del coniglio Max, merito di Purcell, o i vari oggetti appartenuti ad Indiana Jones), o anche azioni o frasi particolarmente ridicole e curiose che si attivano solo in particolari circostanze e con particolari personaggi. Sia chiaro, riuscire a scovarli non è di nessun aiuto per finire prima i giochi, ma è certamente affascinante provare a intravedere l'atmosfera scanzonata che doveva dominare le stanze dei programmatori.
Un'ultima informazione riguarda la distribuzione di tutti i giochi LucasArts e, quindi, anche di Monkey Island, che in Italia avvenne grazie alla ormai scomparsa società CTO.

Sei il pirata n° Hit Counter by Digits dal 11.03.1999


 
 
Questo sito è ottimizzato per una risoluzione di 1024x768 o 1280x1024 | WebMasters: Alfredo Tommaselli & Guybrush Threepwood